Le letture del Cavalsassi

Ci sono letture che sono per tutti e non hanno età… e sono come il pane nella nostra credenza, ci sfamano e ci aiutano a vivere.

Immagina” (Anastasia Suvorova 2018, Editore Carthusia), è uno di questi.

Andiamo tutti in libreria ad acquistarlo!

Un sogno collettivo oltre “le caselle”.

Comunichiamo da “casella a casella”, come dicono loro, i bambini, ingabbiati dentro un monitor, eppure con quello sguardo aperto e limpido, vero e gioioso di Giacomo pronuncia le più belle parole che tutti noi vorremmo sentirci dire: “Mi fa piacere vederti!”.

Ti “crea un terremoto dentro” quell’insolita espressione rivolta ad un adulto da un bambino, abituati come siamo a farne, talvolta, un uso formale quando consumiamo con la “vista” tutto ciò che ci scorre intorno e ci riguarda, compresi i rapporti, per proseguire freneticamente altrove.

I bambini invece le parole le usano in modo pieno, arricchendole di metafore nell’esplorare e scoprire le verità degli sguardi a partire dalle relazioni fondanti (i genitori, i nonni, i docenti) non rinunciando a richiederli… qualche volta pretenderli!

Il “piacere di vederti” espresso con quella gioia, dentro ed attraverso il monitor, non rappresenta un momento da “consumare” ma il bisogno di riattivare gli affetti, l’esperienza viva di un incontro. Nel tempo del covid, questo bisogno, l’abbiamo quindi adattato ai mezzi più immediati e moderni che abbiamo avuto a disposizione, superando essi stessi nei loro limiti, perché per noi tutti ma, soprattutto per i bambini, è un bisogno irrinunciabile e va affermato.

In poco tempo e senza pensarci su troppo, la spasmodica incetta tecnologica di un “vederci” on line, di “superficie”, ha sostituito la mancanza di uno sguardo che accompagni l’incontro, che è la parte emotiva vera, essenziale e profonda dell’esperienza della relazione.

Eppure ci sono altri modi, oltre la “vista”, che vanno “allenati” consentendo ai bambini di “raggiungere l’irraggiungibile” e aggirare la preoccupazione della “perdita” del sentimento affettivo che ci lega agli altri, al mondo.

Uno formidabile e sicuro, di cui i bambini sono maestri nell’uso, è quello che Italo Calvino definisce la “vista dell’immaginazione” che attiva, custodisce e rinforza il loro mondo interno e la stessa “mentalizzazione” delle esperienze.

Nel loro appuntamento settimanale, con le “Rubriche di educazione alla responsabilità – Missing Cavalsassi”, nell’incontrarci in “caselle” ma “come se fossimo a scuola”, i bambini continuano a fare scuola-laboratorio immaginando, raccontando ed elaborando in gruppo, gli “incontri dei loro sguardi” :

“In questi giorni, certe volte, è come se mi trovassi in un sogno” e “vedo storie e le racconto a modo mio” dicono.

Immagino “di aprire porticine mimetiche nelle pareti per scavare tunnel che portano fuori”, in un “fuori” sicuro dove non ci sono “trappole”.

Ma immagino anche “come raggiungere la casa di Angelica, ma poi perdo la strada”, “di uscire tutte le volte che voglio”, oppure “di sognare quello che leggo”.

Insomma, “Immagino di sognare di giorno i miei sogni” e cerco di capire “se sono veri o falsi, anche se mi sembrano quasi realtà” .

Per i bambini, il confine fra immaginazione e sogno è labile, soprattutto nei sogni del “giorno”. Interessante è il modo in cui intuiscono che le componenti della “realtà” presenti nel gioco funambolico di queste due dimensioni, sono i sentimenti e le esperienze. Ognuna di queste alimenta l’altra, la cui sorgente è inesauribile…se non ne ostruiamo lo sbocco, il loro fluire.

“Voglio un mare di immaginazione”, dicono ancora, ad alta voce, i bambini!

E quel “volere”, soprattutto in questi giorni, è funzionale al bisogno illimitato ed infinito del loro sperimentare la vita, rielaborare la realtà… per accedere ai significati più profondi.

E se qualcuno non riuscisse a farlo?

“Non so, né mi ricordo mai cosa sogno… è per questo che io voglio sognare i sogni degli altri”.

I bambini riconoscono l’importanza per sé stessi di essere parte di un “sogno collettivo”, dello scambio reciproco nella condivisione di resilienze, soprattutto se ci sono adulti che li accompagnano in questi percorsi.

Non disabituiamoci, quindi, a sognare… rischieremmo che i nostri figli, i nostri alunni, perdano la possibilità di sognare i nostri ed i loro sogni.

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