Le letture del Cavalsassi

Ci sono letture che sono per tutti e non hanno età… e sono come il pane nella nostra credenza, ci sfamano e ci aiutano a vivere.

Il lupo che verrà” (Myriam Ouyessad 2019, LO Editions), è uno di questi.

Considerato che le librerie hanno riaperto… sarebbe un’occasione per averlo a casa, con noi!

Il lupo non verrà… e se verrà avrà i denti di coniglio.

Le luci delle finestre che affacciano sulle strade vuote, in che modo incrociano ed accendono l’immaginazione dei bambini in ogni dove?

Aspettiamo tutti i giorni e con noi, anche i nostri bambini, che arrivi qualcuno, qualcosa che riempia la quotidianità di segni, novità, presenze che possano liquefare le nostre paure per ridefinire noi stessi e il nostro futuro prossimo in quest’attesa.

 “E se non verrà nessuno?” dice Giovanni ai suoi compagni di classe e a noi tutti.

Ed anche leprottina lo dice: “Mamma sei sicura che il lupo non verrà?” “Sicurissima, leprottina mia” risponde, di rimando, mamma leprotta (*).

Eppure quel desiderio fantasmatizzato nel lupo e nel suo arrivo, espresso  da leprottina e da Giovanni con la preoccupazione che nessuno si presenti all’appuntamento, è forse per loro bisogno d’incontro, preludio del “vederci chiaro”… di quel “guardarsi negli occhi” che senz’altro apre le porte alla possibilità di arrivare a capire  quale  “forma” hanno le paure e se è quella di un “lupo” che, magari, è già in mezzo a noi.

Non c’è dubbio alcuno che le “sembianze” delle paure dei bambini prendano corpo dalla stessa radice delle nostre ed hanno un nome: “scuola chiusa”, “parco chiuso”, strade “sbarrate”, piazze vuote, lavoro incerto ma anche la forma di quel giuramento atteso, sul far della sera, che “mamma e papà non moriranno” e “che a nessuno succederà” perché … non è accettabile rimanere da soli, nell’incertezza che tutto quello che finora eravamo sicuri di possedere, svanisca nel nulla.

Il vissuto dei bambini si pervade di quel senso di “vuoto”, di assenza di legami, punti di riferimento e significato che hanno caratterizzato, fino ad un mese fa, il proprio espandersi sicuri nel mondo… perché funzionale alla loro crescita e all’impalcatura della struttura portante del sé.

Come reagiamo alle nostre e alle loro paure, nella difficoltà di avere risposte “a portata di mano”? Come possiamo elaborarle assieme ai bambini?

Viviamo nella condizione che tutto ciò che viene da “fuori” è fonte di minaccia, pericolo per noi stessi e, nell’angoscia di “perdita” di quel tutto, ci “difendiamo” paradossalmente da quel che è vitale per noi.

In un “dentro” sicuro, al riparo delle nostre case, rafforziamo la possibilità che tutto quello che del “fuori” non è possibile raggiungere oggi, sia approdo sicuro e certezza domani, custodendo assieme ai bambini il loro valore: la scuola e gli affetti momentaneamente non vissuti appieno, il bisogno di chi non riesce ad usare la propria “voce” per chiedere di sentirsi in compagnia, l’abbraccio più forte dei nonni lontani, la gioia del ricordo dei luoghi che attendono il nostro ritorno.

Le paure, di cui temiamo il sopravvento, quando hanno un motivo “legittimo” perché prendano spazio, come il periodo che stiamo vivendo, si presentano con una funzione relazionale: comunicare e condividere con gli altri, la scuola e, in questo caso con i genitori, i timori e le angosce per attivare negli altri protettività e capacità di farne fronte, così da elaborarle e superare ogni difficoltà.

Per “sventarle”, non avendo “paura delle paure”, bisogna dare loro, quindi, appuntamento!

Lo sanno bene Giovanni, i suoi compagni di classe e leprottina che, al primo toc-toc, saranno pronti ad aprirgli la porta per abbracciarle… qualsiasi forma abbiano, lupi compresi!

Noi adulti, le paure, le guarderemo in faccia insieme a loro …così scopriremo (ma questo noi tutti lo sappiamo perché ai lupi vogliamo bene) che nessun lupo ci farà mai male e che quel lupo certamente verrà…ed avrà i denti di coniglio!

 

(*)i dialoghi sopra riportati sono tratti da “Il lupo non verrà”2019 LO edition.

“Io so tutto quello che mi manca della scuola perché ci sto da tanto tempo e la conosco molto bene”.

Abbiamo voluto, in questo nuovo spazio, oggi, incontrarci per incontrare e raccontare lo sguardo aperto e libero dei bambini.

Lo vogliamo fare nell’interesse di “collegare”, riallacciare “fili” interrotti dall’esitare incerto del futuro fuori e “lontano” dal perimetro delle nostre mura di casa.

Siamo in campo per costruire strade e ponti e, quindi, per continuare ad essere casa, scuola, città, mondo e così parte attiva, vera e tangibile della comunità…così che questo spazio sia di tutti e per tutti!

Perché, con il “coronavirus” e la chiusura della scuola, i bambini, i nostri bambini, più che mai stanno assaggiando la difficile esperienza del limite, della privazione e della mancanza di tante cose… compresa la scuola e “l’abitudine di andare a scuola”. 

Lo dice in modo chiaro Bruna quando ce lo comunica in un video messaggio “Io so tutto quello che mi manca della scuola perché ci sto da tanto tempo e la conosco molto bene”.

Quindi i bambini incominciano a misurarsi, a sperimentare e provare i “limiti” a partire da quello oggettivo, “fisico… ed in più sanno e conoscono ciò di cui si sentono privi e perché, in questo momento.

Allora sanno che la scuola oggi è mancanza “dell’incontro con i compagni e le maestre”, di “fare storia” e di “essere storia”, di “ricreazioni in compagnia e di risate che ci sono solo lì, in quel posto”, di “discussioni che si fanno tutti insieme in classe”, di mancanza di “emozioni forti e delicate”.

Sanno anche, come Eleonora dice, che “è stato un sogno in questi giorni pensare di ritornare a scuola presto, che bisogna aspettare un bel po’ per ritornare a toccare il proprio banco, il povero banco” e che, nel frattempo, si vorrebbe far conoscere a tutti e gridare al mondo che fuori sembra non esserci più… che “è caduto un dentino” e che a casa, lontano da ciò che al momento non “abbraccio”, stanno accadendo un mare di altre cose!

E se i bambini sanno che la mancanza della scuola è “fare nuove cose, sperimentare nuove cose” e che, essenzialmente, manca “un posto che ti aiuta a crescere”, come dice Maria Alice, noi adulti facciamo dei loro pensieri, del loro “sapere”… “silenzio” per riflettere con loro, “casa” per accoglierli e trasformarli, ”vento” per portarli ovunque e lontano… per seminarli su orizzonti di fiducia, oltre l’orizzonte, lontano!

Fra casa e scuola, nella difficoltà dell’oggi, come ci stiamo misurando con l’esperienza “dell’esercizio del limite” per noi e per nostri bambini e quali sono i nostri “orizzonti di fiducia” che permettono ai bambini di andare “oltre” ed affrontare questa nuova situazione?

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